Non so.
Non capisco più.
Ultimamente è cosi.
Non sopporto più niente.
Risposte a domande che non esistono.
Le cerco, ma non le trovo, le formulo ma non escono.
Faccio passare del tempo, ma il tempo, inesorabile, non
passa mai.
Faccio caso a sguardi, suoni, momenti, scenette, teatrini
squallidi e telegiornali monotoni.
Cerco complicità, amicizia, qualcosa a cui aggrapparmi
quando sono così, ma non capisco come comportarmi.
Nel mentre osservo ancora, anche mentre scrivo, e mi accorgo
che ogni linea che inizio è più lunga della precedente.
Scrivendo è facile invertire le tendenze, per esempio ora la
riga è più corta.
È bello avere il dominio sul proprio campo di azione,
manipolarne il contenuto, rompere gli schemi, farsi parte di qualcosa di tuo.
Non so.
Non capisco più.
Non so dove vado a parare.
Anche le feste mi sembrano inutili.
Una sorta d’incantesimo al quale siamo dipendenti.
S’ignorano i significati, non vedo la gente contenta di fare
festa.
Vedo solo il solito, il ripetitivo, il riempirsi di cibo
senza un perché, senza un filo conduttore teso e saldo.
Ci guadagno solo un malessere temporaneo, uno stato di
torpore e di palpitazioni, ai quali sempre più spesso segue un bruciore,
interno, colmo di insopportazione.
E’ solo l’ultimo giorno di un qualcosa che ancora non riesco
a vedere completo.
Tante novità già conosciute e osservate si ripetono e
rinnovano e appaiono sempre più vecchie.
L’ovvio che ciclicamente si manifesta e in mezzo l’invano
tentativo di svoltare all’improvviso.
Una curva stretta che non vuole chiudersi, ecco come vedo la
mia parte di realtà.
Ma la strada è stretta e non basta, il mio mezzo non è cosi
efficiente e performante.
Allora ecco che mi accorgo che devo rallentare.
Abbandonare i miei sensi momentaneamente.
Metterli in pausa, chiuderli in un cassetto e aspettare che
siano nuovamente maturi nell’idea di un domani più appagante e convincente.
Non so se tutto questo ha senso.
Non so neanche se farò tutto quello che ho in mente di fare.
Mi piacerebbe possedere una visuale più alta e cogliere quel
conduttore, quel filo rosso da poter staccare all’ultimo prima del disastro.
Non so
Forse avevo solo voglia di mettermi alla prova con i miei
pensieri e litigarci qualche minuto tra un rutto e l’altro dopo il pranzo di
Pasqua.
2 commenti:
come cercare di prendere una vacanza dalla propria vita, lasciare in un cassetto la monotona realtà quotidiana. Aprire le finestre e scoprire un mondo aperto e colorato fuori.
Molto bello!
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